La ferrovia Domodossola – Locarno

Le prime ipotesi di un collegamento tra Locarno e l’Italia risalgono al 1898  ed ebbero per promotore il brillante sindaco della città Francesco Balli,  cui si dovranno anche la ferrovia della Valmaggia (1907) e le  tranvie  cittadine (1908). Accanto al sindaco elvetico, l’altro incrollabile sostenitore della ferrovia fu il maestro vigezzino Andrea Testore, figura  curiosa legatissima alla sua “piccola patria”, ma al contempo progressista,  acceso anticlericale e animato da una grande fiducia nella tecnica: nel 1904  Balli e Testore fondarono un comitato per la ferrovia e promossero la  progettazione preliminare della linea. Se la natura del collegamento – obbligato nella stretta valle – non prestava il fianco alle consuete lotte  campanilistiche relative al tracciato, a complicare la faccenda ci si mise il Ministero della Guerra italiano, che pose il suo veto ad una linea  internazionale in un’area giudicata (per le centrali elettriche, i numerosi  impianti industriali, il tunnel del Sempione stesso) strategica. I piani si arenarono così per alcuni anni. Nel 1908 giunse il via libera e iniziarono i lavori di costruzione, protrattisi poi per  quindici anni a causa di  difficoltà finanziarie e del conflitto mondiale esploso nel 1914-15. La linea fu aperta il 27 agosto 1923 con trazione a vapore, usando due macchine del gruppo  G 3/4 acquistate dalle RhB impiegate anche durante i lavori di costruzione: la G 3/4 n°7 “Chur” e la G 3/4 n°8 “Thusis”L’inaugurazione in trazione elettrica avvenne  invece il 25 novembre successivo: la giornata d’avvio del servizio fu movimentata da uno svio presso Intragna, con una sosta fuori programma di  circa mezzora. Il primo orario prevedeva 5 coppie sull’intera linea (un accelerato, due  diretti, due omnibus), cui si aggiungeva una coppia di accelerati estivi. Vi  era poi una coppia locale Re-Domodossola, che scendeva a Domo la mattina e  rientrava in valle in tarda serata. In origine furono acquistate sei motrici a carrelli, di costruzione  Carminati & Toselli: 4 di esse erano di proprietà dell’italiana SSIF, due  della svizzera FRT. Ogni motrice aveva un comparto di prima e uno di seconda  classe, oltre al bagagliaio, ed era in grado di trainare treni ordinari  composti da tre carrozze o da quattro carri merce (anche se documenti  fotografici attestano la saltuaria circolazione di convogli più pesanti). Le  carrozze fornite furono 10 di prima e seconda classe e una carrozza salone  di sola prima classe. In origine motrici e carrozze erano in livrea bianca  con frontali color castano. Una trentina i carri merci, di vario tipo. Bisogna tenere in conto, però,  che le FRT avevano in uso anche i più anziani veicoli della Locarno-Ponte  Brolla- Bignasco (LPB, linea della Valmaggia aperta nel 1907), vale a dire  tre elettromotrici, quattro carrozze e diversi carri. Pochi anni dopo l’inaugurazione, nel 1927, l’originale tracciato attraverso il centro cittadino di Locarno fu sostituito dalla circonvallazione – più lunga di 2  km – che percorre la parte meridionale della città, tra un quartiere di  villini borghesi, il bosco urbano dell’Isolino e il lungolago. Fin dalla metà degli anni venti la linea fu sovvenzionata dagli enti locali svizzeri, al fine di garantire la manutenzione del difficile tracciato; ma  all’inizio degli anni Trenta aumentarono le difficoltà finanziarie, a causa  della crisi economica e del crollo del traffico internazionale.

In questi anni resta fiorente anche il traffico merci nel versante italiano, in particolare per il trasporto di legname (esisteva un raccordo fra S.Maria Maggiore.e Malesco a servizio di una teleferica per il trasporto di legname proveniente dai monti circostanti) e di bestiame.Con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale la linea continuò il suo servizio, pur con inevitabili difficoltà legate ai controlli doganali più attenti. La situazione si fece però tesa nel 42-43, quando dalla valle transitarono profughi ebrei e antifascisti. Dopo l’8 settembre il transito internazionale fu chiuso, tranne che durante i 44 giorni della Repubblica  dell’Ossola: in quel periodo i treni trasportarono prima rifornimenti (sulla base di un regolare accordo diplomatico tra il governo elvetico e la giunta di  governo dell’Ossola) ed armi (di contrabbando), poi esuli antifascisti al momento della riconquista fascista di Domo e della valle. Da ricordare che  il direttore della SSIF fu nominato ministro dei trasporti della giunta di  governo della Repubblica, consideratala più completa esperienza democratica  di governo nell’Europa occupata. Il termine degli eventi bellici vide una crescita notevole del traffico internazionale e, in misura minore, di quello interno. Negli anni cinquanta le due  amministrazioni avvertirono la necessità di un rinnovamento del parco  rotabile: la scelta cadde su una serie di elettrotreni a tre casse di costruzione Schindler-Tibb. Classificati ABe8/8, erano elettrotreni a tre casse su  quattro carrelli, con l’uso della cosiddetta “giostra Urbinati”: due unità  (21 Ticino e 22 Lemano) erano di proprietà FRT, due (23 Ossola e 24 Vigezzo)  erano SSIF. I nuovi elettrotreni presero in carico tutto il servizio  internazionale e sono ancora oggi in regolare servizio. Le nuove unità vestirono la  nuova livrea blu-panna, successivamente estesa alle vecchie elettromotrici,  alle carrozze e ad alcuni carri utilizzati come postali. Venne inoltre messo  in servizio un carro pianale per il trasporto di carri a scartamento  ordinario, per la precisione di cisterne destinate al raccordo delle  officine del gas locarnesi, allacciate alla FRT lungo la circonvallazione  ferroviaria.

Nel 1963 la FRT decise di acquistare nuovi rotabili destinati al traffico  locale Locarno-Intragna-Camedo: furono così acquisiti gli elettrotreni ABDe  6/6 31 e 32, battezzati  Berna e Vallese. Erano dotati di prima e seconda  classe e di bagagliaio; insieme ad essi arrivarono quattro carozze a  carrelli di foggia simile, dotate di 52 posti a sedere. Nel 1965, alla  chiusura della linea della Valmaggia, le FART (la A aggiunta all’acronimo  sta per “autolinee”) rinnovarono nella cassa e negli impianti elettrici e  mantennero una delle motrici LPB. Negli anni del boom economico il divario tecnico tra le due società  esercenti andò allargandosi: mentre in Svizzera si introduceva il  segnalamento a fuochi di colore e il blocco automatico, sul tratto italiano  permaneva il blocco telefonico. Al contrario, unico seppur importante  miglioramento sulla rete italiana fu l’apertura, nel 1961, della nuova  stazione sotterranea di Domodossola, sottostante i binari della stazione  internazionale FS. Sul fronte del materiale rotabile la SSIF era costretta ad utilizzare per il  servizio locale le anziane elettromotrici del 1923, avendo nel frattempo  acquisito dalla FART solo due vecchie motrici a carrelli delle tramvie  locarnesi, impiegate quasi solo per treni di servizio. Solo nel 1978  l’esercente italiano decise di acquistare nuovi mezzi: la scelta cadde su  tre mezzi fino ad allora in carico alla Ferrovia Lugano-Pontetresa: si  trattava di tre unità a due casse simili agli ABDe6/6, ma senza bagagliaio e  con solo quattro assi motori su sei (la FLP è meno acclive della  Domo-Locarno). Le unità, dopo l’acquisto, furono dunque inviate alla officina di Locarno Sant’Antonio per la motorizzazione del carrello  intermedio e per l’aggiunta della prima classe e della ritirata. La loro  entrata in servizio, però, fu messa in forse, insieme al futuro della linea,  in una sola notte, quella del 7 Agosto 1978.
Dopo alcuni giorni di piogge incessanti, nella notte del 7 agosto i  torrenti della zona travolsero improvvisamente gli abitati della valle e la  ferrovia, provocando ingenti danni. Le linea venne letteralmente spazzata  via dalle acque tra Re e Olgia e in alcuni punti tra Coimo e Marone, mentre  quattro ponti crollarono interrompendo la linea in vari punti tra Orcesco e  Re. L’esistenza della linea rimase appesa a un filo, ed il rischio concreto di soppressione, come già accaduto in passato per altre ferrovie, era elevato. Eppure proprio in quella  occasione, con la strada da Domodossola interrotta, la ferrovia si dimostrò preziosa ed insostituibile:  già dal 12 agosto, ripristinati i punti danneggiati tra Marone e  Coimo, fu riattivato il tratto Orcesco-Domodossola, che permise di  trasportare i lavoratori diretti a Domodossola e di portare in valle i rifornimenti  e i materiali da costruzione necessari (in particolare alcuni carri aperti  furono attrezzati con contenitori per il trasporto di cemento). Per garantire il  servizio alcuni mezzi furono trasferiti per via ferroviaria da Locarno a  Domodossola, una elettromotrice per via stradale da Re ad Orcesco. A fine 1978 fu  riaperta la sezione Orcesco-Malesco. L’utilità dimostrata dalla linea e l’attaccamento del personale posero così  le basi per una modernizzazione negli anni successivi, trasformando la  disgrazia in una occasione di rilancio.
Il 28 settembre 1980 la linea fu riaperta integralmente al traffico. Sul  fronte del materiale rotabile, la SSIF ricevette tre ABe6/6, mentre la FART introdusse due nuovi complessi  motrice+rimorchio Be4/8 destinati però al traffico locale Locarno – Camedo in quanto per ragioni di poligonazione della linea elettrica tali mezzi non avevano circolabilità nella tratta italiana. Contestualmente cedette, tra 1981 e 1982, i suoi due ABe8/8 alla SSIF, dove il treno 22″ Lemano” venne ribattezzato “Roma”. L’amministrazione italiana ridusse così  ulteriormente, pur senza eliminarli del tutto, i servizi svolti con le vecchie elettromotrici Carminati&Toselli.  Nel 1986 iniziarono i lavori per la costruzione del nuovo tracciato urbano  sotterraneo di Locarno, necessario per ridurre l’intralcio al traffico cittadino, in particolare nella zona della stazione. Nel 1988, a causa di questi lavori, la linea fu  interrotta alle porte di Locarno: i treni si attestavano alla stazione di  Ponte Brolla e i passeggeri proseguivano fino alla città con autoservizio  sostitutivo garantito da autobus articolati. Il nuovo percorso fu aperto al traffico nel gennaio del 1990: prima  dell’ingresso nell’abitato di Solduno, dopo la nuova stazione di San  Martino, i binari scendono in galleria e dopo aver toccato le fermate di Solduno e Locarno Sant’Antonio, realizzate sotto l’area delle preesistenti stazioni (gli impianti in superficie sono stati completamente demoliti), arriva al capolinea sotterraneo di Locarno FFS. La stazione terminale è  dotata di due binari per traffico passeggeri e due per ricovero rotabili e si trova sotto l’area dello scalo merci delle Ferrovie Federali Svizzere: con la scomparsa di quest’ultimo è  cessato il trasporto su pianale di cisterne a scartamento ordinario  destinate alle officine del gas, allacciate alla linea FART lungo la  circonvallazione. Le officine FART, un tempo site a Locarno San’Antonio, sono state trasferite a Ponte Brolla, nell’area della ex stazione della Valmaggia, a pochi passi da quella servita dai treni della Centovallina. Nel 2007 è entrato in servizio il primo treno panoramico ordinato dalla  SSIF, una sorta di prototipo realizzato utilizzando carrelli, motori e  impianto elettrico del quasi cinquantenne Vigezzo. Il nuovo “Vigezzo Vision”  ha infatti anticipato la fornitura dei nuovi panoramici di costruzione  Skoda-Corifer: si tratta di sei motrici monocabina e due motrici intermedie,  accoppiabili tra loro per realizzare tre convogli da tre-quattro pezzi.
L’introduzione dei nuovi convogli, dall’estetica discutibile, ha portato  anche alla comparsa (per la prima volta, se si escludono i treni storici  estivi regolari con la 17) di un supplemento: 1,5 euro o 1,5 franchi svizzeri  per il viaggio panoramico. Agli investimenti sui treni internazionali che  percorrono l’intera linea si è al contrario accompagnata una limitata  riduzione del servizio locale Re-Domodossola. Il parco rotabile disponibile comprende oggi: 4 treni panoramici SSIF, 12  treni Vevey ABe4/6 (8 FART+ 4 SSIF), 3 ABe8/8 SSIF, 3 ABe6/6 SSIF, 1 ABDe6/6 FART, 1 ADe6/6 FART, 1 ABDe4/4 SSIF storica, un tram storico Xe2/2  FART. Nel 2007 la ferrovia ha trasportato 500.000 viaggiatori  di cui  200.000 di traffico interno  e restanti 300.000 di traffico internazionale. Anche sul fronte dei ricavi, è il traffico internazionale a garantire la sopravvivenza della linea: da esso,infatti, deriva il 90% degli introiti per la SSIF. Durante il 2011 quattro treni del tipo ABe 4/6 sono stati modernizzati: è stata aggiunta una cassa intermedia che ha portato la capienza da 82 a 120 posti, sono stati sostituiti i sedili e l’illuminazione e aggiunto un impianto di climatizzazione. Inoltre in prima classe sono state rese disponibili una presa elettrica per ogni postazione e una lampada individuale per la lettura, mentre in seconda classe, nella nuova cassa intermedia, sono disponibili alcune prese elettriche supplementari. La modernizzazione ha comportato pure un nuovo design esterno contraddistinto dal marchio “CENTOVALLI EXPRESS”. Gli elettrotreni ai quali sono state apportate le modifiche sono gli ABe 4/6 55-58, divenuti ABe 4/8 45-48. A seguito di una serie di deragliamenti, l’ultimo dei quali avvenuto a Druogno il 7 aprile 2011, causati dall’incapacità dei convogli ad adattarsi alla geometria del binario, nel corso della primavera del 2012 gli elettrotreni ABe 4/8 sono stati messi fuori servizio in attesa che il costruttore Bombardier effettuasse le necessarie modifiche per evitare il ripetersi di tali eventi. Gli ABe 4/8 sono rientrati in servizio nel maggio 2013.

Testo a cura di Roberto Morandi

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