Le origini della trazione elettrica in Italia

Il primo esperimento di trazione elettrica avvenne in Gran Bretagna nel 1842 a cura di Robert Davidson. Esso costruì una locomotiva che impiegata sulla linea Edimburgo – Glasgow sviluppò una velocità di 6 Km/h rimorchiando una vettura del peso di 6 tonnellate. I successivi tentativi per migliorare l’uso della corrente elettrica come mezzo di alimentazione per le locomotive per lungo tempo non varcarono mai la soglia dei laboratori sperimentali. Bisognerà attendere il 1879 per vedere in funzione una prima motrice elettrica per trasporto di persone. Durante l’Esposizione Industriale di Berlino, venne messa in funzione, a cura della Siemens&Halske, un breve tratto di linea, su cui circolavano treni di 3 vetture, rimorchiate alla velocità di 12 Km/h da una piccola locomotiva elettrica alimentata mediante terza rotaia. A questo esperimento ne seguirono altri di successo, tanto che in America, nel 1888 si avevano in servizio 104 Km di tranvie elettriche. Tali esperimenti furono seguiti con grande interesse in Italia, paese con scarsa produzione di carbone adatto per la trazione ma ricco di risorse idrauliche allora scarsamente utilizzate che offrivano grandi possibilità di produzione di energia elettrica.

Il primo esperimento in Italia è del 1890, con l’attivazione della tranvia Firenze – Fiesole, prima linea a trazione elettrica aperta in Europa. Ad essa seguirono rapidamente altre linee, tanto che già nel 1900 funzionavano in Italia 200 Km di tranvie a trazione elettrica. L’applicazione di tale sistema di alimentazione anche alle ferrovie trovava resistenze sia dal fatto che la tecnica ferroviaria aveva fatto numerosi progressi anche nel campo della progettazione e costruzione di locomotive a vapore, sia dal fatto che anche le tranvie elettriche, per le quali occorrevano potenze modeste, avevano mostrato alcuni limiti d’esercizio. Inoltre i sostenitori della trazione elettrica erano tra loro divisi in tre correnti, sostenenti diversi sistemi di alimentazione: accumulatori, corrente continua, corrente alternata. In Italia, nel 1897, il Ministero dei lavori Pubblici istituì una commissione per lo studio delle possibilità di applicazione della trazione elettrica al campo ferroviario, limitata però alle ferrovie a basso traffico, per il principale scopo di rendere più economico l’esercizio. Non trovando però i membri della commissione un accordo sul sistema da utilizzare, si decise di sperimentare tutti e tre i sistemi, sulle seguenti linee:

Bologna – San Felice, sistema ad accumulatori di tipo Plantè

Milano – Monza, sistema ad accumulatori di tipo Pescetto

Roma – Frascati, sistema a 650 V corrente continua mediante alimentazione con terza rotaia. L’esperimento venne però eseguito sulla Milano – Varese, essendosi preferita una linea con più elevato traffico viaggiatori

Linee della Valtellina, ovvero Lecco – Colico – Sondrio e Colico – Chiavenna, sistema in corrente alternata trifase a 3400 V 16,7 Hz.

Su questa linea la commissione propose ed ottenne che l’esperimento venisse esteso anche al traffico merci.

Tralasciando gli esperimenti con trazione ad accumulatori, che praticamente non ebbero seguito, ed il sistema a terza rotaia che rimase praticamente confinato al solo passante sotterraneo di Napoli ed alla linea Milano – Varese, fu proprio il sistema di elettrificazione in corrente alternata trifase a giocare un importante ruolo nel futuro della trazione elettrica in Italia. Gli impianti sulle linee della Valtellina furono realizzati dalla ditta Ganz di Budapest, una delle più quotate dell’epoca, alla quale la Rete Adriatica commissionò l’intero progetto, sviluppato sotto la responsabilità dell’Ing Kalman von Kando, noto come uno dei massimi esponenti e pioniere della trazione elettrica trifase in Italia. Le prove iniziarono il 26/07/1902 e durarono fino al 4/09/1902, mentre l’esercizio iniziò ufficialmente il 15/10/1902, con un praco di due locomotive e dieci elettromotrici. Nonostante anche questo sistema non fosse privo d’inconvenienti (primo fra tutti la necessità di avere due conduttori elettrici che creavano non poche difficoltà sui deviatoi) offriva rispetto agli altri un buon rendimento ed un esercizio economico, e questo fece si che nelle elettrificazioni che seguirono di preferì la corrente alternata trifase, almeno fino all’avvento della cc a 3000 V che insidiò e poi scalzò del tutto,nel campo della trazione ferroviaria, la ca trifase. Con questo sistema, visti gli ottimi risultati ottenuti sulle linee valtellinesi, fu elettrificata anche la linea del Sempione, inaugurata nel 1906, e comprendente una galleria di 20 Km tra Briga e Iselle. Su questa linea fecero servizio le locomotive del Gruppo E360, costruite dalla Ganz di Budapest e aventi una velocità massima di 64 Km/h (con combinazione di motori in parallelo). Sulle linee della Valtellina, invece, l’esercizio venne svolto con automotrici del gruppo RA 320, mentre quello merci venne affidato alle locomotive del gruppo RA 341-342 (poi E430 FS), aventi potenza di 440 Kw e capaci di trainare treni di 300 tonnellate, prestazione di gran lunga superiore a quella delle locomotive a vapore. Le automotrici elettriche, però, ben presto si dimostrano di potenza insufficiente per il traino dei treni viaggiatori ed in epoca successiva furono de-motorizzate e trasformate in carrozze (classificate RBz). Terminava così il periodo sperimentale: i successi del trifase orientarono ben presto i tecnici italiani ad estendere l’elettrificazione a quelle linee,accidentate e con forti pendenze come le importantissime tratte di valico tra la pianura Padana ed i porti liguri. Terminato il periodo sperimentale, sempre più linee vedono il bifilare. Nel 1906 entrarono in servizio le locomotive del gruppo E 380 (4 unità costruite dalla Ganz) dotate di trolley a rulli e parte meccanica analoga alle locomotive del gruppo E 360. Poco dopo, dalla trasformazione di due E 380, entrarono in servizio due E 390, ma la scarsa potenza e la presenza di due sole velocità fecero abbandonare presto sia le E380 che le E390.

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