Approfondimenti


Gli apparati centrali di stazione


Apparati Centrali Idrodinamici (A.C.I.)

 

Veduta esterna della ormai scomparsa cabina D (ACI) di Nizza Monferrato.  É tipica degli apparati idrodinamici la presenza della massa cilindrica che, collegata a un pistone sottostante, mette il liquido in pressione 

Questi apparati furono ideati nel 1883, dall'ing. Riccardo Bianchi (che nel 1905 diventerà il primo Direttore Generale delle Ferrovie dello Stato), che era stato incaricato di sistemare gli AC di tipo Saxsby in opera nella stazione di Genova P.zza Principe (tra i primi AC installati in Italia), che a causa di una cattiva manutenzione mostravano già alcuni segni di logorio e malfunzionamento. Per ovviare a questo, progettò un nuovo tipo di AC, in cui alla forza muscolare dell'uomo, necessaria per l'azionamento dell'AC, si sostituisse un altro tipo di energia: quella generata dall'acqua sotto pressione, già impiegata a quel tempo per azionare gru, argani e piattaforme. Per la sperimentazione il Bianchi si rivolse al Servettaz, il quale aveva esperienza nella costruzione di queste macchine. In breve tempo furono compiute al banco le prove del nuovo sistema; come mezzo di trasmissione venne usata una miscela di acqua e glicerina a basso punto di congelamento, tenuta nei condotti ad una pressione costante di 55 bar tramite un "accumulatore idraulico", consistente in un serbatoio cilindrico chiuso da uno stantuffo caricato con una massa di 5 tonnellate circa

Nel 1885 la Rete Mediterranea, da poco subentrata alla SFAI, concedeva alla ditta Servettaz di allestire a proprie spese un Apparato Centrale Idrodinamico a dieci leve ("manubri"), il primo al mondo, che venne attivato il 15 ottobre 1886 nella stazione di Abbiategrasso. Questo scalo, posto sulla linea a binario unico Milano-Mortara che serviva allora per la circolazione di gran parte dei treni merci fra Milano e Genova, aveva un numero di manovre sufficiente per un'estesa valutazione del nuovo sistema e inoltre aveva il vantaggio di trovarsi abbastanza vicino alla nuova Officina Apparati di Milano, posta inizialmente nei pressi del Bivio Passerella, presso la vecchia stazione Centrale. Per studiare il nuovo sistema la Rete Mediterranea istituì un' apposita Commis­sione che lo tenne sotto osservazione per un anno intero. L'impianto, oltre a dimostrare di possedere tutti i requisiti richiesti dall'esercizio per sopperire alle carenze del sistema meccanico, presentava anche altri importanti vantaggi quali minore ingombro, eliminazione dello sforzo fisico, ampliamento del raggio di azione e sgombero dei piazzali da aste, cavi e varie trasmissioni meccaniche

Come mezzo di trasmissione per l'AC, costituito da 10 leve, venne usata una miscela di acqua e glicerina a basso punto di congelamento, tenuta nei condotti ad una pressione costante di 55 bar tramite un "accumulatore idraulico", consistente in un serbatoio cilindrico chiuso da uno stantuffo caricato con una massa di 5 tonnellate circa. Il successo di questo tipo di Apparato fu immediato e si espanse anche all'estero, tanto da essere applicato anche a Londra, in ambito non ferroviario, per le manovre del "Tower Bridge". Nel 1911 l'A.C.I. venne premiato con la medaglia d'oro all'esposizione di Parigi. Il successo di questi apparati è dimostrato anche dalla loro applicazione nelle principali stazioni italiane, tra cui Torino Porta Nuova e Roma Termini (la vecchia stazione). Sul finire degli anni trenta, Il forte sviluppo della trazione elettrica e l'adozione della Dirigenza Unica su alcune linee contribuirono a relegare gli apparati idrodinamici a ruoli sempre meno importanti, soppiantati dai nuovi Apparati Centrali Elettrici. Gli ACI, sebbene sicuramente migliori dei vecchi Saxsby e degli altri apparati dell'epoca, gli ACI avevano come svantaggio i tempi di attuazione degli itinerari assai più lunghi di quelli elettrici; inoltre la massima distanza di comando normalmente non poteva eccedere i 650 metri. Tutto ciò era ormai incompatibile con il progressivo aumento del traffico ferroviario. La massima espansione e diffusione di questo tipo di Apparati Centrali si ebbe in Italia nel 1936, con 14.800 leve. Ma fu un dominio destinato a durare poco. Il declino di tali AC continua nel corso degli anni, tanto che alla fine del 1987 sono ancora 8 gli ACI in servizio sulla rete FS, scomparendo del tutto agli inizi degli anni '90. Tra le ultime stazioni ancora munite di ACI, alla vigilia degli anni '90 ricordiamo Nizza Monferrato, Novi San Bovio, con due cabine, e Roma San Pietro. Attualmente, quindi, tale tipologia di AC non è in uso negli impianti RFI. 

 

Interno Cabina D
Veduta del banco ACI della cabina D di Novi Ligure. La manovra degli enti di stazione avveniva rovesciando in avanti la leva allo scopo di mettere in circolo il liquido sotto pressione.

 

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